Questo blog è come un diario dove troverai le mie personali recensioni sui romanzi che ho letto e le opinioni sul mondo editoriale. Niente sdolcinature ma solo critiche costruttive, come è giusto che sia ;)

9.2.12

"La solitudine dei numeri primi" di Paolo Giordano

Ho letto questo romanzo, incuriosita più per il clamore suscitato dal libro che dalla storia in sé. Ebbene... personalmente l'ho trovato noioso e scontato. La storia narra della vita dei due protagonisti: entrambi con un'infanzia difficile e traumatizzante alle spalle. Questi due personaggi vivono la loro banale vita, scandita da episodi che ricordono i telefilm da nerd "made USA" che vanno tanto di moda oggi, con il peso del loro trauma infantile. Il punto è che non sono traumi da poco, cosucce che  possono capitare a tutti i bambini, ma veri e propri casi da psicologo. Infatti il ragazzo cresce con il rimorso di aver abbandonato la sorella gemella al parco e la ragazza cresce con la gamba storpia causata da un incidente con gli sci. Quello che mi ha stupito, leggendo la storia, è il fatto che l'autore non faccia riferimento a un aiuto concreto dall'esterno come psicologi, associazioni o quant'altro e perfino le famiglie dei protagonisti sembrano vivere in un mondo apatico e irreale. Solo una volta l'autore accenna, in un'unica frase, che il ragazzo era stato costretto ad andare dallo "strizzacervelli" e poi più nulla. I protagonisti, abbandonati a se stessi, cercano così di affrontare la loro vita e il loro trauma alla loro maniera ovvero uno diventa autolesionista e l'altra anoressica. 
Ora, tralasciando il fatto che l'argomento del trauma di per se stesso è trattato nel testo con superficialità, mi chiedo quale morale volesse dare l'autore tramite la sua storia. Infatti, arrivata alla fine, non ho compreso quello che volesse comunicarmi. Voglio dire: se questo testo fosse un semplice romanzo di svago la storia non rientrerebbe in alcun sottogenere sentimentale dato che l'intreccio è lineare e non ci sono colpi di scena eclatanti. Fortunatamente la narrazione è scorrevole e non prolissa quindi di facile lettura ma, a ben vedere, questi aspetti positivi non rendono giustizia ad un testo che sembra, nella struttura narrativa, un semplice susseguirsi di eventi. Il romanzo appare, sotto questo punto di vista, una semplice descrizione della vita dei protagonisti senza approfondimento sul tema portante della storia stessa: il sentirsi diverso. 
Anche il titolo "la solitudine dei numeri primi" non ha di per sé alcun significato in quanto è solo una consuetudine dei matematici l'analisi di questi numeri, però dovrebbe essere letta come una metafora della vita dei due protagonisti. Sbagliato! La metafora non può sussistere perché i due personaggi non sono come i numeri primi in quanto hanno scelto di esserlo e non lo sono a priori. Mi spiego: mentre i numeri primi esistono in quanto tali, i protagonisti non nascono "diversi" ma lo diventano e in modo del tutto cosciente. In definitiva credo che questo romanzo abbia delle premesse interessanti come, appunto, il tema della diversità e del trauma ma, ahimé, tutto rimane in sospeso, senza alcuna soluzione e, forse, è proprio questo il messaggio che voleva comunicare l'autore...(?).



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